Onorevoli Colleghi! - La crescente presenza islamica in Italia, anche in relazione al fenomeno migratorio, ha assunto particolare consistenza. Sempre più le istituzioni, così come i cittadini, sentono l'esigenza di promuovere un dialogo con la componente islamica liberale e democratica, volto ad un armonico inserimento di questa «nuova» compagine nella nostra società, nel rispetto dei princìpi della Costituzione e delle leggi della Repubblica. Dialogo che approfondisca la conoscenza dell'Islam presente in Italia, con particolare riferimento alle problematiche dell'integrazione, all'esercizio dei diritti civili, ivi compresi quelli relativi all'esercizio della propria fede religiosa, coniugandoli con la convivenza sicura e pacifica nell'ambito della società italiana e condannando le forme di estremismo, di odio e di discriminazione.
      Con la presente proposta di legge si intende regolamentare sia l'edificazione dei luoghi di culto islamici sia la formazione degli imam.
      Molti Paesi europei hanno già provveduto ad aggiornare la propria legislazione in merito alla regolamentazione dell'edilizia di culto. Nel Regno Unito, ad esempio, dove esistono circa duemila moschee, la loro costruzione e il loro funzionamento come luoghi di preghiera e di educazione alla fede sono subordinati ai requisiti stabiliti dalla Places of Worship Registration Act o dal Town and Country Planning Act, già dal 1971.
      In Spagna, un apposito accordo del 1992 ha stabilito una specifica normativa

 

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in materia di regolamentazione e registrazione degli edifici di culto islamico. In Svezia, i progetti per la costruzione delle moschee sono valutati dal City Planning Office, che ne giudica la conformità ai piani regolatori locali e la concreta realizzabilità, mentre in Romania la costruzione delle moschee è subordinata al rilascio dell'autorizzazione da parte di una apposita commissione istituita nel 2001 dal Ministero della cultura e dei culti.
      In Italia i piani regolatori comunali, in conformità alle norme regionali e statali, riservano specifiche aree per la costruzione di luoghi di culto secondo le esigenze religiose della popolazione. La previsione concerne anche le moschee, e la loro costruzione è finanziata, oltre che con i fondi comunali, anche con fondi regionali, indipendentemente dal fatto che l'Islam non ha stipulato intese con lo Stato italiano ex articolo 8 della Costituzione.
      Come si legge nel «Manifesto dell'Islam d'Italia», presentato e approvato presso la Consulta dell'Islam d'Italia, i luoghi di culto islamici possono essere «luoghi di incontro e di dialogo nei quali promuovere una reciproca conoscenza dei valori spirituali che fondano le diverse esperienze religiose. La libertà religiosa e di culto che caratterizzano la società laica italiana ed europea hanno consentito la creazione di moschee e la destinazione di luoghi, pubblici e privati, al culto islamico e alla istituzione di centri culturali islamici. È necessario che questi luoghi restino luoghi aperti alla preghiera e all'incontro, nel rispetto dei contesti locali, e nei quali gli imam limitino la loro predicazione e siano in grado di accompagnare le comunità musulmane praticanti in un processo di crescente integrazione. È altresì necessario un intervento normativo adeguato che regolamenti la piena trasparenza nella gestione finanziaria delle moschee, dei luoghi di culto, dei centri culturali islamici e di tutte le attività collaterali».
      Relativamente alla volontà di regolamentare la figura degli imam, dimostrata da tale proposta, si ricorda che già nel corso delle indagini conoscitive in materia di libertà religiosa, svolte presso la I Commissione di questo ramo del Parlamento, si è più volte sentita tale esigenza. Nell'audizione del 10 gennaio 2007, un membro della Consulta per l'Islam italiano ricordava che formare e organizzare i ministri di culto islamico è utile e quanto mai opportuno. Egli affermava che «agli imam riconosciuti ed inseriti in un apposito albo dovrebbe essere attribuita la responsabilità della gestione delle attività (...). Ciò permetterebbe di disciplinare, regolare e rendere trasparente, almeno per quanto riguarda l'Islam, l'attività degli imam. Il problema è non tanto quello di evitare che ci siano imam "fai da te" ma quello della esistenza, purtroppo, di falsi imam, di predicatori di odio, cioè di persone che utilizzano i sermoni e il titolo di imam per veicolare una propaganda proselitaria, che si autodefinisce religiosa, e per preparare un terreno ideologico che fomenti una rivolta, una società parallela o una rivoluzione ideologica di matrice islamista. Come musulmani, questo noi non lo vogliamo e riteniamo particolarmente importante una regolamentazione e una disciplina degli imam, cui potremmo affidare la responsabilità di isolare le frange più estremiste o ideologicamente connotate».
      Diverso è il discorso, in ambito europeo, relativo alla regolamentazione della formazione degli imam. La normativa sembra essere in lieve fase di stallo, ma questo potrebbe essere un incentivo ulteriore per porre il nostro Paese all'avanguardia rispetto agli altri Paesi europei. Ciò non toglie comunque che la formazione degli imam ha già trovato una propria allocazione legislativa in svariate nazioni. In Portogallo, ad esempio, la legge sulla libertà religiosa (legge n. 16 del 2001) disciplina in modo molto puntuale la figura degli imam, mentre in Spagna la designazione, la formazione e le attività degli imam sono regolate all'interno delle singole comunità islamiche ma necessitano dell'approvazione di un apposito ente, la Commissione islamica di Spagna (CIE). In Svezia, ancora, la Swedish Islamic Academy ha inaugurato un corso di formazione per gli imam in collaborazione con
 

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l'università di Stoccolma, e in Austria gli imam sono formati presso l'Accademia pedagogica religiosa islamica di Vienna, fondata nel 1998.
      Prendendo spunto anche da tali riflessioni, nasce la presente proposta di legge con la quale, per la prima volta in Italia, si vuole regolamentare il crescente fenomeno delle moschee e con la quale, altresì, si vuole finalmente disciplinare la figura dell'imam.
      La proposta consta di undici articoli.
      Dopo l'indicazione delle finalità all'articolo 1, con l'articolo 2 viene istituito il Registro pubblico delle moschee presenti nel territorio nazionale, presso il Ministero dell'interno. L'iscrizione al registro è condizione per esercitare il culto all'interno della struttura che si vuole registrare. La domanda di registrazione è inoltrata presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per il territorio in cui è ubicato il luogo di culto.
      L'articolo 3 definisce i requisiti necessari per la domanda di iscrizione, tutti volti a sottolinearne la trasparenza. La domanda deve contenere, oltre all'indicazione di eventuali finanziatori italiani o esteri, la sottoscrizione del responsabile del luogo di culto e le firme di una percentuale delle persone professanti la religione musulmana residenti nella zona interessata. Deve inoltre essere allegata una relazione in cui vengano specificati i riti, le attività didattiche e i princìpi religiosi cui si ispira l'attività svolta all'interno della moschea. È richiesta, ancora, una dichiarazione bancaria o di altro istituto di credito comprovante l'eventuale consistenza del patrimonio mobiliare messo a disposizione del luogo di culto (comma 3, lettera c).
      L'articolo 4 riserva particolare cura ai controlli svolti dalla prefettura-ufficio territoriale del Governo circa la verifica della rispondenza alle disposizioni vigenti relative all'igiene, alla sicurezza e all'incolumità pubblica. L'autorità di pubblica sicurezza è altresì tenuta ad esprimere il proprio parere sull'impatto sociale che l'iscrizione della moschea nel Registro avrà nel tessuto cittadino.
      L'articolo 5 detta i requisiti per l'iscrizione delle moschee nel Registro. Il prefetto, accertata la presenza di tutti i requisiti, chiede al Ministro dell'interno l'iscrizione della moschea nel Registro. Condizione necessaria, dettata dal medesimo articolo, è costituita dal rapporto tra numero degli aderenti al culto e dimensioni dell'edificio, stabilite dal comune.
      L'articolo 6 riguarda gli adempimenti successivi all'iscrizione nel Registro. Ricordando che la prefettura vigila sullo svolgimento delle attività compiute nella moschea, mentre il responsabile del luogo di culto ha l'obbligo di presentare annualmente un bilancio dell'attività economico-finanziaria e l'aggiornamento dell'elenco di eventuali finanziatori italiani o esteri debitamente documentato. Qualora tale documentazione non sia fornita, il prefetto propone al Ministro dell'interno la revoca dell'iscrizione e dispone, in casi di particolare gravità, la chiusura del luogo di culto in attesa della decisione del Ministro. Ciò avviene anche in tutte le altre ipotesi in cui la moschea perda i requisiti necessari per la sua registrazione, ovvero nel caso in cui, mutato il responsabile del luogo di culto, il subentrante non presenti una documentazione che attesti il possesso di tutti i requisiti di legge.
      L'articolo 7 si occupa della regolamentazione dei ministri di culto islamici sul territorio nazionale. L'istituzione di un albo apposito rappresenta uno strumento di tutela per i veri musulmani, oltre che una valida soluzione al problema del riconoscimento della figura del ministro di culto, posto che per la religione islamica la figura del ministro di culto non esiste e l'imam, diversamente da quanto ad esempio accade nel cristianesimo o in altre religioni, è un semplice laico. L'iscrizione ad un apposito albo, invece, istituzionalizza un «interlocutore islamico» garantendo un reale controllo ma anche una reale voce all'identità islamica presente nel nostro Paese. L'articolo in esame indica dei requisiti indispensabili per provvedere all'iscrizione, tra i quali, oltre alla residenza e al domicilio in Italia e oltre alla maggiore età, anche la conoscenza e la
 

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condivisione dei princìpi ispiratori del processo di integrazione della comunità degli immigrati di fede islamica nella comunità nazionale italiana e la conoscenza e condivisione dei diritti-doveri contenuti nella Carta dei valori e della cittadinanza, elaborata dalla Consulta per l'Islam italiano. Sarà poi affidata ad una apposita Commissione, istituita ex articolo 9, presso il Ministero della pubblica istruzione, la cura e la tenuta di tale albo. In particolare, l'istituenda Commissione, composta da personalità nominate per metà dal Ministro della pubblica iscrizione e per metà dal Ministro dell'interno, si occuperà di vagliare l'attendibilità delle domande di iscrizione, dirimere eventuali contestazioni e promuovere le iniziative che, nell'ambito di un dialogo interreligioso, vorranno essere approntate per elevare la qualificazione e l'aggiornamento degli imam iscritti all'albo. Il presidente sarà nominato in seno alla Commissione su proposta del Ministro della pubblica istruzione, mentre spetterà al Ministro dell'interno il potere di scioglimento.
      L'articolo 8 si riferisce agli elementi ostativi all'iscrizione all'Albo. Oltre ai casi di impossibilità assoluta previsti dall'articolo 7 (chi sia stato riconosciuto responsabile di reato o chi abbia procedimento penale in corso, anche nel Paese d'origine, non può fare richiesta di iscrizione. A tal fine sarà l'autorità di pubblica sicurezza ad accertare l'estraneità del richiedente a qualsiasi collegamento terroristico), l'articolo 9 si occupa dei cosiddetti impedimenti successivi, che comportano la cancellazione dall'Albo, richiesta dal prefetto nei casi di imputazione di reato o comportamento che configuri minaccia all'ordine pubblico e alla sicurezza dei cittadini e comunque, in generale, in tutti i casi in cui non siano rispettati i dettami legislativi. La revoca dell'iscrizione comporta la cancellazione immediata dall'Albo e l'impossibilità definitiva per la persona di presentare altra richiesta di iscrizione.
      L'articolo 10 cura la formazione degli imam in Italia, mediante l'istituzione di appositi corsi di formazione e studio, presso le facoltà di lettere e filosofia con specializzazione in storia e civiltà orientali, da progettare presso i principali atenei italiani. Al termine di tali corsi di formazione, l'università provvede al rilascio di un attestato di idoneità all'esercizio della funzione di imam presso le moschee italiane, attestato che, trasmesso alla Commissione per l'Albo degli imam, è altro requisito indispensabile per ottenere l'iscrizione nel Registro degli imam.
      Convivere nel reciproco rispetto e nella pace è possibile, ed è un dovere e un diritto per tutti, in uno Stato, quale il nostro, che da sempre si è dimostrato profondamente tollerante nei riguardi delle diverse esperienze storiche vissute e aperto nell'accettare il principio secondo cui senza un minimo di comunanza non può essere sopportata alcuna diversità. Consci, dunque, che qualsiasi tipo di integrazione necessita sempre del rispetto reciproco per l'identità dei valori culturali, al fine di evitare la perdita del rapporto tra regole politiche e convinzioni religiose, auspichiamo la celere approvazione della presente proposta di legge.
 

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